Kokin Nee-san

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Con la pelle del volto increspata dall’età e l’udito ormai debole, la geiko più anziana del mondo volge il suo sguardo al futuro per preservare il passato. La 99enne Kokin è fiera di aver dedicato tutta la vita all’essere geisha: ammirata dagli uomini per il fascino, l’intelligenza e la sua bellezza.
Ma, allo stesso tempo, rimpiange il periodo antecedente la Seconda Guerra Mondiale, quando i quartieri delle geisha si riempivano di vita subito dopo il calar del sole e le maiko e le geiko, avvolte nei fluttuanti kimono, si recavano in risciò verso i ryōtei (料亭) . Lì intrattenevano uomini facoltosi durante incantevoli banchetti che duravano spesso fino all’alba.

Oggi le strade degli hanamachi sono piuttosto tranquille, in un Giappone dove la vita notturna è già ampiamente illuminata dalle insegne delle discoteche, degli hostess bar e dei karaoke, lasciando molte geisha nostalgiche per i tempi andati e soprattutto senza lavoro.
“I clienti di una volta parlavano con noi a lungo. Oggi i clienti, soprattutto quelli più giovani, non hanno niente di cui parlare con noi. Vanno dritti al karaoke”, si lamenta Kokin che, secondo le usanze del karyūkai, preferisce rivelare solo il suo nome d’arte.


L’onorevole onesan, che durante l’intervista indossa un kimono verde con una fusciacca rosa intorno alla vita e sfoggia l’impeccabile pettinatura tradizionale, si esibisce ancora adesso negli o-zashiki del distretto di Atami, vicino Tokyo, suonando lo shamisen e cantando i tradizionali kouta.
Kokin Nee-san, come le piace essere chiamata, non ha figli o nipoti di cui prendersi cura ora che è avanti negli anni, ma conserva nel cuore e nella mente i ricordi di gioventù, quando gli uomini erano ansiosi di pagare la sua compagnia anche solo per il tempo necessario a un bastoncino d’incenso di consumarsi dopo essere stato acceso.

“Allora, durante l’estate, ero solita starmene seduta su una panchina a rinfrescarmi senza aver niente da fare e sempre qualcuno mi chiedeva se ero libera e si offriva di pagarmi per un bastoncino d’incenso. I clienti chiedevano di me, anche se si trattava solo di un’ora”.
Oggi sono pochissime le geiko che possono pretendere cifre esorbitanti quando intrattengono gli ospiti cantando, danzando e conversando negli o-zashiki. Nel 1928, quando la dolce Kokin intraprese questo mestiere, c’erano almeno 80.000 geisha, ora sono appena un migliaio.
I clienti sono per la maggior parte importanti uomini d’affari e politici ma, con la crisi economica degli anni novanta e i recenti scandali, molti hanno abbandonato le amicizie con le maiko e le geiko favorite: anche quella del saper essere il cliente di un’o-chaya è un’arte.

Una cena, con una di queste artiste, costa intorno agli 80.000 yen (circa 500 €) e il prezzo sale a seconda del numero di performers invitate. Ma anche prima degli anni novanta molti uomini hanno cominciato a preferire alle serate nei ryōtei i moderni comfort di un hostess bar o di un karaoke. E questo a discapito della mistica professione.
“Oggi, il presidente di una grande compagnia, se è sulla cinquantina, probabilmente non è mai andato a cena con una geisha”, sottolinea Asahara Sumi (autore di molti libri sul karyūkai). “Ma se non ne provi la magia, non puoi dire com’è. E se non la conosci, non puoi star male a pensare che questo mondo meraviglioso stia scomparendo”.

Allarmate del fatto che, a Tokyo, le geisha siano ormai in via d’estinzione (sono appena 300 le sopravvissute), alcune comunità e alcune compagnie turistiche hanno iniziato a rendere gli hanamachi più accessibili come lo sono, ad esempio, a Kyoto. A Kagurazaka, l’Ikimachi Club, un’organizzazione no-profit, organizza delle spettacoli con le geisha in zone del quartiere dove non sono solite farsi vedere, preferendo le classiche teahouses.
“La tradizione delle geisha sopravviverà all’interno delle tatami room per le persone in grado di pagare molto per loro. Ma per preservare questo mondo come parte della nostra cultura, elle dovrebbero farsi conoscere ad un pubblico più vasto”, sostiene Hioki Keiko, vice presidente dell’Ikimachi Club. Le performance ora sono aperte anche ai turisti tramite i tour organizzati dalla Michi Travel Japan.

Anche i ryōtei si trovano sotto pressione per l’esigenza di dover cambiare! I ristoranti, con i tipici giardini di rocce, le rare opere d’arte e l’ottima cucina, sono di solito accessibili solo agli onajimi-san (i clienti abituali). I proprietari dei ryōtei però si sono resi conto che il business è diventato più lento e non dà lo stesso profitto di un tempo. Il Sakurajaya ( 茶屋), un ryōtei del quartiere Mukojima di Tokyo in attività da 64 anni, dal 2002 è aperto anche ai turisti attraverso il tour operator Hato Bus. In un gruppo di 30 turisti si può godere una cena con l’esibizione di sei geisha per meno di 10.000 yen (circa 62 €). Il Sakurajaya tramite il suo sito web recluta anche nuove geiko: le giovani donne che vogliono intraprendere questa professione devono aspettarsi una vita poco piacevole, almeno al principio, fatta di rigorosa disciplina e duro allenamento nella danza, negli strumenti musicali classici e nel rituale della cerimonia del tè.
“Molte ragazze lavorano come geiko per trent’anni senza andare mai a lezione. Queste non possono essere considerate realmente delle geisha”, precisa Kokin che invece ancora prende lezioni di shamisen, almeno quattro volte al mese.
“Il nostro mondo sta cambiando”.

La maggior parte tra loro comunque non vede di buon occhio questi mutamenti, come ad esempio le geiko che partecipano agli spettacoli pubblici per i turisti.
Altre invece, come l’onesan Kanae, del quartiere Asakusa di Tokyo, ritengono che salvare la professione della geiko vada oltre il preservare le arti tradizionali.
“Molto della cultura nipponica si è occidentalizzato. Molti tra noi non sanno parlare più nemmeno un giapponese corretto. Ma nel nostro mondo rimane il meglio della tradizione nazionale. Così spero che sempre più persone, sia connazionali che stranieri, siano desiderose di conoscere il nostro meraviglioso karyūkai”.

Fonti: Bea & Reuters.

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